Più spesso troviamo questa domanda nella forma affermativa: «Le scuole di scrittura non servono». Chi lo dice chiarisce poi che il motivo è molto semplice: il talento non può essere insegnato. Per qualche motivo, la pretesa è sempre la stessa: si vuole trattare la scrittura in maniera diversa da tutte le altre arti.
Tutte le arti si insegnano, dalla pittura alla musica, e nessuno si sogna di dire che le Accademie e i Conservatori non servano a niente. (Allo stesso modo tutta l’arte, storicamente e ancora oggi, si è sempre venduta, ma si pretende che la narrativa non abbia prezzo e non debba essere venduta, ma questo è un altro discorso). Perché la scrittura dovrebbe fare eccezione?
Nessuno lo sa; e in effetti non ce n’è nessun motivo. È chiaro che, se non hai nessun talento, nessuna scuola potrà fare di te un buon autore; ma questo vale anche per la pittura, appunto, per la musica e tante altre cose che arte non sono, come gli scacchi. Ma è altrettanto evidente che una scuola può aiutarti a migliorare (è facile accorgersi della verità di questa affermazione: basta frequentarne una). Del resto, che cos’è il talento?
Nessuno lo sa, nessuno lo vede. L’unico modo per vederlo è quando trasuda da ciò che scrivi. È difficile rintracciare il talento in un testo sgrammaticato, sconclusionato, scritto con termini inadatti. E allora, se si ammette che la padronanza della grammatica e del lessico possano migliorare il testo e rendere più evidente il talento di chi lo ha scritto, perché non si riesce ad ammettere che la padronanza delle tecniche narrative, della caratterizzazione dei personaggi, del ritmo, possa migliorare un testo?