La figura dell’investigatore privato è soggiogata dall’immagine che la narrativa e il cinema hanno stereotipato e reso celebre: quella di un uomo che se ne va in giro in abito scuro e cappello, che si muove spesso ai limiti della legalità (se non oltre) e che si apposta sempre in auto con un socio a cui, con l’occasione, elargisce consigli di mestiere e lezioni di vita.
Niente di ciò corrisponde alla prassi reale, specialmente in Italia. L’investigatore si veste a seconda del contesto nel quale dovrà muoversi, e di coloro con cui avrà a che fare; soprattutto se è in incognito (la regola fondamentale è infatti: “Fa’ di tutto per non dare nell’occhio”. Per questo stesso motivo, l’investigatore privato non si apposta mai in auto insieme a un altro uomo; meglio un uomo e una donna, o una persona sola seduta al posto del passeggero (fingendo di essere in attesa del ritorno di qualcuno).
Oltretutto l’investigatore rischia grosso, se viola la legge; anzi, è tenuto a collaborare con le forza dell’ordine, se richiesto. Insomma, è difficile farsi un’idea di come funzionino realmente le investigazioni private se non se ne ha conoscenza diretta.
Un investigatore privato deve “sapere”, “saper fare” e “saper essere”. Non basta la laurea e nemmeno i corsi di formazione su materie specifiche, Occorrono qualità che vanno al di là di ciò che può essere appreso e che sono lealtà, riservatezza, rispetto delle regole, capacità di ascolto e di mediazione, equilibrio, empatia, pragmatismo. In più, un professionista dell’investigazione deve saper gestire lo stress.
Come si fa un pedinamento “all’americana”? Quali sono i requisiti per diventare titolari di un’agenzia? Come si svolgono le indagini elementari? Le investigazioni private. Guida operativa, di Alberto Paoletti e Gianpaolo Luzzi, è uno strumento utile, maneggevole e di facile approccio, anche a chi parta completamente da zero.