Ma le scuole di scrittura… a che servono? – I dubbi dello scrittore #7

Più spesso troviamo questa domanda nella forma affermativa: «Le scuole di scrittura non servono». Chi lo dice chiarisce poi che il motivo è molto semplice: il talento non può essere insegnato. Per qualche motivo, la pretesa è sempre la stessa: si vuole trattare la scrittura in maniera diversa da tutte le altre arti.

Tutte le arti si insegnano, dalla pittura alla musica, e nessuno si sogna di dire che le Accademie e i Conservatori non servano a niente. (Allo stesso modo tutta l’arte, storicamente e ancora oggi, si è sempre venduta, ma si pretende che la narrativa non abbia prezzo e non debba essere venduta, ma questo è un altro discorso). Perché la scrittura dovrebbe fare eccezione?

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Il problema del talento – I dubbi dello scrittore #6

Scrivi, rileggi, riscrivi. Fa schifo. Concludi: non ho talento. Ti sbagli. Non che non faccia schifo, eh: su quello hai ragione. Sei alle prime armi, è ovvio. Scrittori si diventa, come ogni cosa: tutto si impara. Puoi essere più o meno portato, ma poi è l’apprendistato a fare la differenza. E il talento? Il talento è una cosa che non può essere rilevata intrinsecamente: ti accorgi che c’è solo q8uando lo vedi all’opera. Ecco perché è sciocco soffermarsi sul “ce l’ho, non ce l’ho”: se non ci provi (e non lo fai nella maniera giusta)… non lo saprai mai.

Il dato di fatto reale, tangibile, che puoi osservare direttamente nella tua scrittura è che se leggi, studi, frequenti corsi, ti eserciti… poi scrivi poi meglio. Che significa? Significa che il talento sta finalmente venendo fuori? Il talento è il talento. Quella che sta crescendo è la tua abilità di scrittore, che è tecnica per il 99% e talento (o ispirazione) per il restante 1%.

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I grandi del passato non frequentavano scuole di scrittura. Perché dovrei farlo io? – I dubbi dello scrittore #5

È vero: all’epoca, scuole di scrittura non ce n’erano. Tempi duri, toccava far tutto da soli. Eppure si scriveva; e capolavori, eh, mica robetta. Quindi, l’obiezione sembra sensata. Se loro l’hanno fatto…

Il punto è che, con tutto il rispetto, potresti non essere il nuovo Tolstoj. E, nonostante tanti sforzi, potresti accorgerti che quello che scrivi è proprio robetta. Magari a te piace pure, ma agli altri ahimé… proprio no. Così gli editori rifiutano i tuoi scritti, tu imprechi e autopubblichi il romanzo. A quel punto, i lettori non lo comprano. Tu imprechi, ti lamenti che i lettori non capiscono niente, ti convinci di essere un genio incompreso, e continui a scrivere.

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Cosa può fare per me una casa editrice? – I dubbi dello scrittore #4

È la domanda che ti sei fatto quando hai  scritto la parola “FINE” al termine del tuo romanzo e hai accarezzato l’ipotesi di autopubblicarlo: per non perdere tempo in attesa delle risposte, per non dover sottostare “ai meccanismi del mercato editoriale”, per non dover incassare i rifiuti. Hai letto qua e là elogi del self-publishing e la lampadina ti si è accesa; poi però ti è venuto il dubbio che le cose potessero stare diversamente, e allora ti sei domandato quali differenze ci siano tra il pubblicare in proprio e il farlo con una casa editrice.

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Perché dovrei essere io a promuovere il mio libro? – I dubbi dello scrittore #3

In genere questa domanda presuppone che debba essere qualcun altro a farlo: ad es., l’editore. Oppure che non dovresti essere tenuto a impegnarti nella promozione del tuo libro perché, insomma, tu l’hai scritto: adesso siano gli altri ad andare a leggerselo. Tuttavia, i motivi per cui dovresti promuovere il tuo libro – e volentieri, per giunta – ci sono.

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A che serve la tecnica? – I dubbi dello scrittore #1

«La tecnica non serve: basta l’ispirazione». «Le scuole di scrittura producono autori fatti con lo stampino». «Le tecniche imprigionano il talento». Sono obiezioni che vengono fuori in maniera ricorrente fra chi scrive. Obiezioni a che? All’idea fondamentale che, come in tutte le cose, se si vuol scrivere bene bisogna impegnarsi. Anche studiando. Obiezioni che hanno una fonte comune: la paura. Forse l’hai provata anche tu: anche tu ti sei sentito animato dal fuoco della passione per il raccontare storie, e hai avuto paura che questo fuoco potesse spegnersi… a causa della tecnica. Perché «la tecnica ci rende tutti uguali», «ci soffoca la spontaneità» eccetera eccetera.

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